Arcadia. La vita primitiva tra immaginario e realtà
“Sogliono il più delle volte gli alti e spaziosi alberi negli orridi monti dalla natura produtti,
più che coltivate piante da dotte mani expurgate negli adorni giardini, a’ riguardanti aggradare;
e molto più per i soli boschi i selvatichi ucelli,
sovra i verdi rami cantando, a chi gli ascolta piacere,
che per le piene cittadi, dentro le vezzose e ornate gabbie,
non piacciono gli ammaestrati”
Arcadia, Jacopo Sannazzaro
È l’eterno quanto affascinante mito dell’Arcadia: un mondo in cui l’uomo vive in armonia con la natura, immerso nei bucolici paesaggi silvestri; uno dei più importanti luoghi di fuga immaginari di chi era, ed è ancora oggi, stanco della cultura e della civiltà.
L’Arcadia, indica lo stadio intermedio, pastorale, armonicamente conciliante, di quello precedente dell’animalità e quello successivo del predominio della ragione, prefiggendosi uno stile di vita selvaggio e al tempo stesso quieto, dove predomina l'istinto.
Il suggestivo mondo arcadico è reso quasi mitologico dall’attenzione dedicatagli da poeti, scrittori, narratori e drammaturghi che nel corso dei secoli da esso hanno tratto linfa vitale per le loro opere. L’Arcadia, regione storica della Grecia, collocata nella penisola del Peloponneso, è stata elevata nel corso della storia della letteratura a topos letterario. Secondo la mitologia greca era la deserta e vergine casa di Pan, dio delle montagne e della vita agreste.
L’Arcadia è rimasta un soggetto artistico sin dall’antichità, sia nelle arti visuali, sia in letteratura. Per il siracusano Teocrito Arcadia è in Sicilia, tra le fertili aree alle pendici dell’Etna, le zone palustri e fluviali e le spiagge pietrose. I protagonisti sono pastori, pescatori, mietitori. Più propriamente mitologici sono protagonisti quali ninfe, ciclopi e divinità agresti, tra cui Artemide e lo stesso Pan. Gli scenari, i paesaggi e le ambientazioni sono appunto idilliaci, capaci di infondere armonia e bellezza all’animo dei lettori. Si concretizza de facto uno degli intenti principali della poesia bucolica: infondere serenità attraverso l’evasione in un mondo idilliaco e di bellezze naturali.
L’Arcadia è anche il locus amoenus dei pastori virgiliani delle Bucoliche. Carico di significati metaforici, è un luogo di riparo, un luogo dove vivere e cantare l’amore, anche deluso, ed è il luogo della civiltà contrapposta alla barbarie. È un simbolo di felicità, un’immagine reale ma intatta della realtà, immobile nello spazio e nel tempo, dove nulla si trasforma.
Il mondo idilliaco e sognante dell’Arcadia, le atmosfere magiche delle ninfe e dei satiri, i paesaggi mitologici dei centauri, dei sileni, delle oreidi e driadi, rappresentano un sicuro rifugio per chiunque, stanco della logorante vita della nostra epoca globalizzata, cerca un rifugio sicuro.
Addentrarsi, nelle bucoliche selve d’Arcadia è come varcare le soglia di un mondo paradisiaco di ineffabile bellezza che conserva intatto il suo poetico splendore. I versi che cantano l’Arcadia, il sogno idilliaco e l’immaginazione bucolica sembrano essere celebrazione e al tempo stesso rimpianto nostalgico del rapporto intimo dell’uomo con la natura, a dispetto, quasi, di tutte le comodità e privilegi della vita civilizzata e urbanizzata.
Per ritrovare felicità e armonia l’uomo deve ritornare al sublime mondo dell’Arcadia, quello della vita bucolica, il cui tempo e i cui lavori vengono scanditi dallo scorrere del sole sulla sua rotta celeste e dal susseguirsi delle stagioni. Il contatto totale con la natura è alla base della sopravvivenza felice; un mondo celebrato e innalzato alle glorie dagli scrittori di ogni tempo, che l’uomo civilizzato anela di riscoprire.
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