La cristallizzazione del miele

 

LA CRISTALLIZZAZIONE DEL MIELE

Tappato nel favo, ancor prima di venire estratto, è fluido

Perché il miele “ viene duro”?

Sono in giro tra gli scaffali del supermercato, cerco di non portarci spesso i piedi, ma ogni tanto è necessario; tra la cantilena della radio-tranquillizzante e l’inconscio piacere di vedere tutti gli scaffali pieni all’inverosimile, mi imbatto nei ripiani del miele.

Vado sempre alla ricerca dei ripiani del miele, voglio tenere sotto controllo i prezzi e i formati in vendita.

Dicono che il consumatore tipo del Super sia abituato a vedere il miele nei comodi barattoli di plastica, LIQUIDO, e pronto per essere capovolto e addolcire facilmente bevande. Corretto, anche se si trovano mieli che sembrano più caserecci, dalla consistenza solida o granulosa.

Questo tipo di miele, che prende il nome di miele cristallizzato, non è molto gradito dai consumatori, alle volte viene giudicato, a torto, “fatto con lo zucchero”.

Che cos’è la cristallizzazione?

A differenza di quello che si potrebbe pensare, la cristallizzazione avviene naturalmente nel miele ed è caratteristica di alcune varietà specifiche; primo fra tutti il miele di edera (difficilissimo da estrarre e praticamente non si è mai visto nelle nostre zone) oppure il più classico tarassaco.

Il miele si presenta come una soluzione soprassatura di zuccheri, dove l’acqua (il solvente) è presente in minima quantità, perciò non riesce a trattenerli in soluzione; questo fa sì che la soluzione sia instabile e l’unico modo per poter raggiungere l’equilibrio è attraverso la precipitazione e cristallizzazione degli zuccheri in eccesso.

Cristallizzazione del miele

La cristallizzazione è, dunque, una caratteristica intrinseca del miele, legata alla sua composizione chimica, ne dimostra la sua autenticità, il suo carattere e ogni tipologia di miele ha diversi tempi e modalità di cristallizzazione. Queste peculiarità, a seconda del tipo di miele preso in esame, dipendono da alcuni fattori interni ed esterni.

Glucosio vs fruttosio

Glucosio e Fruttosio fanno da padroni nella composizione zuccherina dei mieli e sono presenti in diverse concentrazioni a seconda della flora bottinata dalle api. Il glucosio è meno solubile in acqua rispetto al fruttosio, quindi più alta sarà la concentrazione di glucosio, maggiore sarà la tendenza alla cristallizzazione. In alcuni tipi c’è talmente tanto glucosio da portare a una solidificazione direttamente nel favo (come dicevamo prima, nel caso dell’edera), creando non pochi problemi non solo all’apicoltore, ma anche alle api stesse, che faticheranno maggiormente a utilizzarlo. I mieli con più fruttosio, invece, cristallizzano più lentamente, come nel caso dell’acacia.

L’acqua

Un altro fattore che ogni apicoltore tiene in considerazione è la quantità di acqua presente nel miele.

Essendo una soluzione soprassatura, aumentando l’acqua si permetterebbe il raggiungimento della stabilità con la precipitazione di un numero minore di cristalli. Tuttavia un prodotto ottimale ha un quantitativo d’acqua che deve essere compreso tra il 18% e il 16%, se si superano queste soglie ci si imbatte in spiacevoli processi di fermentazione ad opera di lieviti e batteri.

Considerato che è il glucosio lo zucchero più responsabile della cristallizzazione, si tende a misurare la tendenza della stessa valutando il rapporto tra glucosio e acqua, che deve essere minore di 1,7 per avere un miele a lenta cristallizzazione.

 

Rifrattometro, misura la concentrazione dell'acqua

Nuclei di condensazione

Oltre al glucosio, però, si deve valutare anche la presenza dei cosiddetti “nuclei di condensazione”. Essi non sono altro che singoli cristalli di glucosio, granelli di polvere o di polline o, addirittura, piccolissime bolle d’aria. Più nuclei ci sono, più veloce e fine sarà il processo di cristallizzazione.

Tanti nuclei = cristalli fini, ovvero senso di cremosità all’assaggio, ne è un esempio il tarassaco.

La cristallizzazione grossolana dà invece una consistenza “vetrosa” in bocca.

L’importanza della temperatura

Per quanto riguarda, invece, i fattori esterni, non si può non tenere in considerazione la temperatura. L’intervallo di temperatura entro cui la cristallizzazione avviene più facilmente è quello compreso tra i 5 e i 25° C, con il picco di velocità massima attorno ai 14°C. Le temperature basse rallentano il processo perché rendono più difficoltoso l’accrescimento dei cristalli (provate a tenere del miele nel congelatore), mentre quelle elevate distruggono i cristalli stessi. Se si vuole, quindi, rallentare il processo, si deve procedere con grande attenzione alle temperature di conservazione del miele.

Una volta cristallizzato, il miele può essere fatto tornare liquido se messo a bagnomaria, a una temperatura di circa 40°C. L’importante è non sottoporlo a temperature troppo elevate che alterano completamente il prodotto.

Un solo processo, tante tipologie diverse

Il miele, una volta cristallizzato, può presentarsi in forme differenti, dovute tutte alla diversa combinazione dei fattori che abbiamo elencato poco sopra. Perciò, avremo un miele più omogeneo, con cristalli più grossi o più fini, cremoso oppure con una consistenza più compatta. Anche questo fa parte della singola caratterizzazione del miele, che distingue una tipologia dall’altra.

E quindi, il miele liquido?

Se quindi la cristallizzazione è un processo naturale, perché nello scaffale del miele al supermercato trovo il millefiori liquido?

La produzione destinata alla grande distribuzione viene spesso sottoposta a un processo di pastorizzazione. Questo consiste nel riscaldare rapidamente il prodotto (arrivando attorno ai 73-78°C), per poi raffreddarlo altrettanto celermente. Generalmente questa procedura viene attuata per eliminare batteri e lieviti contenuti nel prodotto. Nel caso del miele la pastorizzazione non solo distrugge i microorganismi presenti nel miele, ma permette la completa distruzione dei cristalli, che avviene infatti attorno ai 78°C. Tuttavia, la sottoposizione a queste elevate temperature comporta un’alterazione del miele stesso, soprattutto per quanto riguarda la sua componente enzimatica e la sua azione antibiotica e antibatterica. Un miele pastorizzato, dunque, perde gran parte delle proprietà che lo rendono un “super alimento”.


 

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Agronomo - Apicoltore - Curioso